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Roma. Premio Capo Circeo. Due comunità, quella italiana e quella tedesca, per la libertà della cultura. Presente Luciano De Crescenzo

La cerimonia, svoltasi nella Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini, al Campidoglio, davanti a molte autorità ed esponenti della diplomazia, della cultura, dell’impresa ha rinnovato l’affratellamento dei popoli del vecchio continente. L’aurea statuetta della maga Circe, simbolo del Premio e opera dello scultore romano Benedetto Robazza è stata consegnata a diciannove nuovi prescelti dalla giuria composta dai fondatori, Paul Heinz Henke e Gino Ragno, Marino Freschi, Domenico Cambareri, Manfred Dumann. Ha presieduto la cerimonia il sottosegretario alla Funzione Pubblica, on. Learco Saporito. Fra gli esponenti politici presenti, due nomi legati in maniera diversa alla storia del Premio: il presidente sen. Giulio Maceratini, che è sempre stato vicino a Gino Ragno sin dai primi passi del Premio, e il presidente on. Gustavo Selva, che è stato fra i premiati in precedenza.
Il Premio è stato consegnato in venticinque anni a oltre duecento personalità della politica, della filosofia, della scienza, della diplomazia, dell’industria, dei media, dell’architettura, della storia, della letteratura, del cinema e del teatro. Fra i tanti, basta ricordare Helmut Kohl, Ernst Junger, Helmut Schlesinger, Hans Gorg Gadamer, Valdmir Bukovsky, Vaclav Havel, Gerardo Marotta, Renzo Piano, Giovanni Sartori, Sergio Romano, Renzo De Felice, Arrigo Levi, Mario Monti, Emanuele Severino, Giacomo Marramao.
Tra i premiati di quest'anno Aldo Di Lello e Luciano De Crescenzo (nella foto). I cittadini pontini hanno inoltre avuto l’inatteso piacere di trovare fra i nomi dei prescelti Pino Superti di San Felice Circeo, per l’attività turistico-alberghiera da sempre legata all’Associazione italo-tedesca, alla storia del Premio e al popolo tedesco. Personaggi particolari sono stati i cittadini italiani di Germania, Domenico Sesta e Luigi Spina, che furono gli autori del primo tunnel sotto il muro di Berlino. «L’attenzione dedicata agli ungheresi quest’anno è stata molto motivata», dice Domenico Cambareri. «Il popolo ungherese, il più occidentale fra tutti i popoli dell’Europa centro-orientale, ha pagato uno dei più alti tributi all’oppressione del comunismo. Fra i premiati, infatti, ci sono stati il presidente del consiglio dei ministri ungherese, Viktor Orban, e il romanziere Peter Esterhazy. Il processo di unificazione europea che si avvicina a grandi passi verso mete cruciali pone in evidenza come la lungimiranza di pochi creatori abbia aiutato il corso della storia. Infatti, attorno all’Associazione per l’amicizia italo-tedesca di Roma si è raccolto nel corso degli anni un manipolo di uomini che ha fatto suo denominatore e cemento comune la difesa della libertà dei popoli e della cultura». «Il Premio» - continua Cambareri - «è fortemente legato alla terra pontina per i molteplici simboli connessi ad essi, quale espressione di universalità della cultura umana e di altrettanto irrinunciabile esigenza alla identità di ciascuno con una terra che diventa il centro del suo "cosmo" che va dal villaggio alla patria alla coscienza ancor più ampia di appartenere allo stesso destino dell’umanità e della Terra. I venticinque anni del Premio testimoniano come e quanto è duro portare avanti grandi ideali nella povertà dei mezzi, e di come sia irrinunciabile perseguire nell’avvicinamento per la ricostituzione di un’Europa una e di una maggior vicinanza con gli altri popoli e le altre civiltà. Le difficoltà, le traversie, le tragedie che hanno colpito nella storia recente i due popoli a cui primariamente si riferisce il Premio, sono cose finalmente oggi in buona misura superate. Ma ancora e sempre rimarrà tanto da fare, per gli uomini di buona volontà, in ogni settore delle attività umane, non ultimo quello che aiuta alla coesistenza e alla comprensione tra i popoli, senza vernici ideologiche di pacifismi da strapazzo e classismi e anticlassismi che lasciano nella storia solo un’incolmabile striscia di sangue».

Alberto Dalla Libera


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