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Latina. Berlino, quello che la sinistra non sa o non racconta. La città divisa
e gli aguzzini dei paradisi dei fini spinati. Oggi in un convegno
È cosa frequente nei nostri giorni vedere manifestare contro una condanna per la pena
capitale negli Stati Uniti. Non accade così per le condanne a morte inflitte ed eseguite
nel resto del mondo. In particolare, non lo è per le migliaia di condannati a morte nei paesi
più comunisti, la Cina e la Corea del nord.
Si capisce subito che anche qui vi è gente che ritiene difformi le colpe, ma anche i
colpevoli. Il peggio è capire che questa gente ritiene di potere disporre della vita
altrui per attuare i suoi pandemici disegni utopici.
Disegni che hanno portato al massacro di un terzo dell’intera popolazione cambogiana
negli anni settanta, in qualche anno appena. Disegni che hanno portato alla morte oltre
trenta milioni di russi, comunisti compresi, caduti nella più colossale macchina di
distruzione umana che la storia ci ha fatto conoscere.
È quasi ancora oggi incredibile credere che nel cuore dell’Europa che americani abbiano
diviso Berlino in cinque parti con gli altri vincitori e che abbiano lasciato la parte
orientale nel potere esclusivo di uno di questi, quello sovietico. È quasi incredibile
ascoltare le parole che i capi americani dissero quando Berlino ovest veniva stritolata
con la chiusura dei collegamenti stradali e ferroviari dai sovietici. È quasi incredibile
rivedere filmati e foto di quello che i comunisti fecero a Berlino, dividendo per la
prima volta nella storia umana una capitale in due, murando finestre, porte, vicoli per non
fare fuggire le persone, per separare definitivamente le vittime del paradiso imposto dai
parenti e dagli amici che abitavano a pochi metri o a qualche chilometro. Eppure, dalla
divisione di Berlino e della Germania si attuò la divisione dell’intero pianeta: da una
falsa guerra giusta, una ancor più falsa pace giusta-guerreggiata dai vincitori per
cinquant’anni. Certo, il costo per le democrazie occidentali è stato molto elevato nel
non aver voluto riconoscere ai tedeschi non solo le colpe all’indomani della prima guerra
mondiale. Ma lo è stato non meno per i tedeschi, i russi e l’Oriente che inizia accanto le
porte di casa nostra.
Le sirene della democrazia e del pacifismo occidentale sin da allora sono state le complici
più scoperte di questi carnefici, come lo furono durante l’invasione dell’Ungheria, come
lo furono successivamente - dallo stritolamento di Praga nel 1967 all’opposizione agli
euromissili e alla bomba a neutroni, che permisero all’Occidente di vincere definitivamente
una guerra senza guerreggiarla nei campi di battaglia e senza adoperare armi nucleari -
convenzionali.
Oggi, a Latina, abbiamo la fortuna di avere un cittadino, davvero uno dei tanti
fra di noi, ma un cittadino coraggioso, idealista, eroe disarmato, che ci può raccontare
alcune di queste storie, storie crude crudeli compassionevoli terribili.
Storie su di cui non è stato fatto alcun film, per quanto ne sappiamo, su di cui nessun
pacifista di professione ha organizzato mostre stabili, temporanee, stagionali, itineranti,
neanche sotto gli archi dei pisciatoi a cielo aperto in cui spesso vivono, distruggendo
in un mischiamento caotico le più diverse esperienze anarcoidi: professionisti rossi del
pacifismo rosso a fior di papavero e di canne multicolori nella tradizione dei figli di
certi fiori, peggio di loro quelli borghesi, proditori e subdoli, untuosi e inveleniti,
intellettuali a perdifiato, cervelli spiraliformi crivellati da dialettiche fedifraghe,
figli di mali profondi dell’anima e del corpo di una borghesia assetata di potere dannato
nell’idea circoncisa del dirigismo democratico.
A Latina, dicevamo, uno fra questi uomini che nulla ha chiesto e nulla ha avuto, per di
più uno straniero, un italiano in terra tedesca, non ben visto come tutti gli italiani in
questo lunghissimo secondo dopoguerra, ci racconta quello che accadde allora e quello
di cui fu protagonista in prima persona. Domenico Sesta infatti scavò il primo tunnel
attraverso cui fuggirono circa trenta tedeschi dai tropici comunisti.
Con Domenico Sesta avremo anche Gino Ragno (nella foto), l’animatore dell’Associazione per l’amicizia
italo-tedesca di Roma, che da giovane tante volte rischiò la vita come Sesta, nell’aiutare
i patrioti di Budapest, nell’aiutare i cecoslovacchi, nell’aiutare i tedesco-orientali.
Avremo l’occasione di ascoltare vicende su cui poco si scrive e ancor meno viene
messo in circolazione, vicende che è salutare sapere per capire il livello di mistificazione
delle vicende contemporanee, per trarsi fuori dalle prigioni dell’ignoranza e del dire
"non sapevo, fino a tanto".
Appuntamento alle 17.00 presso la sala «Il Gabbiano», in viale XVIII dicembre,
con la conferenza
«La resistenza italo-tedesca contro il muro di Berlino», organizzata dall'Associazione
per l'amicizia italo-tedesca, con il Patrocinio del
Comune di Latina e della Regione Lazio. Introdurranno il Sindaco di Latina, Ajmone
Finestra e l'assessore Giovanni di Giorgi.
Domenico Cambareri
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