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CinepoliS. «Latina/Littoria»: attesa per la "prima" pontina. Intervista al regista
Gianfranco Pannone. «Un film di denuncia, un tono da commedia»
Grande attesa a Latina per la proiezione di «Latina/Littoria» di Gianfranco Pannone, premiato
al Torino Film Festival come miglior documentario. L’opera ritrae aspetti significativi del
costume politico-amministrativo di Latina durante il travagliato iter della revisione del
Piano Regolatore Generale. Renderemo presto nota la data ufficiale della proiezione, un
evento da non perdere. Intanto pubblichiamo parte dell’intervista rilasciataci dal regista
subito dopo l’ambito riconoscimento.
La parola "documentario" rimanda immediatamente all’idea di "documento". Quale tipo di
documento vorresti fosse «Latina/Littoria», quale messaggio forte vorresti arrivasse allo
spettatore?
«Il film è una co-produzione europea, ed io volevo raccontare una realtà locale che in qualche
modo riuscisse anche a rappresentare la situazione nazionale, ovviamente in un luogo con
un passato particolare, come è Latina, appunto, con le sue origini fasciste».
Il Torino Film Festival ha premiato «Latina/Littoria» come miglior documentario. Qual è stata
la motivazione, quale aspetto la giuria ha voluto premiare?
«Nella motivazione è stato sottolineato l’atteggiamento di "vero documentarista", lo sguardo
ironico e grottesco ad un tempo ed attento al reale. In qualche modo credo ne abbiano colto
il senso profondo. È un film di denuncia di una situazione, apparentemente oggettiva, in
tono di commedia. Qualcuno ha parlato addirittura di "Commedia all’italiana" in Municipio».
Si dice che un film, un documentario per un regista possa essere paragonabile ad un figlio.
Si finisce per volergli più bene se vince qualcosa o lo si sarebbe amato comunque?
«È il paradosso, ma si finisce sempre per amare quelli più bistrattati, come si amano i
figli meno fortunati. Voglio bene a tutti i miei "figli": "Lettere dall’America", "L’America
a Roma" e gli altri. Ovviamente "Latina/Littoria" per me è un film di riscatto. Un premio
è sicuramente motivo di maggior visibilità e la visibilità serve molto, specie ad un certo
tipo di cinema. Credo comunque di essere fortunato. Ogni regista, che abbia qualcosa
da dire, ha un ciclo, una sua stagione, che può essere più o meno fortunata.
Basti pensare a Peppe De Santis, un maestro di umanità prima di tutto, che ho avuto la
grande fortuna di conoscere e frequentare. De Santis ha avuto una stagione di grandi
successi per poi essere completamente dimenticato. C’è sempre una strana alchimia che
accompagna un film, ma se uno crede in quello che fa, ed io ci credo, prima o poi il
momento propizio arriva. Ed io sono fiducioso».
Donata Carelli
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