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Latina. Ruggiero: una collaborazione velocemente usurata. Un eccesso di
credibilità non ricompensata e una occasione per Berlusconi
Le dimissioni del Ministro degli Affari Esteri, Ruggiero, giungono in un
momento necessario non solo per l'esigenza di "immagine" all'estero e di
chiarezza all'interno della compagine governativa. Infatti, le esternazioni
del Ministro su affari non ricadenti entro le sue prerogative erano sempre più
aumentate, sino ad assumere chiare posizioni politiche su questioni
che non lo richiamavano ad alcun titolo, o che facevano parte della normale
per quanto fortemente colorita dialettica politica. Nel caso di Bossi, dialettica
e modi di fare che, sia pure bruschi e popolani (per di più enormemente
ridotti e non deflagranti come quelli di appena qualche anno addietro, tipici
della incontenibile e corrosiva verve d'un "terrone" di Pulcinella napoletano
per strano caso nato tra le terre della flemma alpina forse scaldata a suon di grappa
e canti smemorati, alla faccia del Piave), hanno probabilmente assunto nella mente
di Ruggiero significati distruttivi e quindi irricevibili. In ultimo, Ruggiero aveva
avuto frizioni anche con altri ministri come Tremonti e Buttiglione, per non ricordare
quelle iniziali e ripetute con Martino. E in questo caso si era trattato di ripetuti
"sconfinamenti" del ministro degli Esteri, come quelli a proposito dell'invio delle truppe
in Afganistan, su di cui dapprima premeva e dichiarava che erano già pronte per partire
e poi rilanciava al ritardo, affermando che ciò sarebbe avvenuto soltanto a quadro
conflittuale definitivamente chiuso e con margini di piena sicurezza.
Ruggiero aveva così dato la netta impressione di voler essere un ministro iperattivo e
che ambiva a grandi obiettivi, ma non altrettanto dotato nel comprendere il linguaggio
politico e le esigenze dei militari in un caso, delle legittimità della difesa
della sovranità nazionale entro una cornice di non ratifica e non vigenza di una
costituzionale sovranazionale in un altro (scontro con il guardiasigilli e pareri di presidenti
emeriti della Corte costituzionale). Da qui il suo non stemperare e anzi acuire il contrasto
degli atteggiamenti e delle dichiarazioni, fino a farne pubblicamente motivo di aperta
contestazione della legittimità delle finalità europeistiche della nostra politica.
La linea politica di europeisti convinti e fortemente propositiva in molte questioni, da parte
del governo e della maggioranza che lo sostiene, al di là delle diatribe e delle polemiche
di contorno, può essere messe in dubbio soltanto per fini strumentali dell'opposizione
parlamentare.
In verità, per fare un immediato e doveroso passo indietro, Ruggiero era stato scelto per
compiacere e rassicurare, ma anche allettare i "poteri forti" dell’economia e della finanza
nazionali e internazionali e per garantire una presenza di certe anime dell’opposizione nel
nuovo governo. Per dirla tutta, Ruggiero sarà ben piaciuto per tutto ciò sin dal primo
momento a Berlusconi, ammaliato com’è dalle figure forti di grandi manager e dirigenti, e
ad una figura super partes, quale è il capo dello Stato che ha, in casi delicati e specifici
quale è la composizione di un nuovo governo, il potere e il dovere di far sentire bene le sue
esigenze e di verificare l’adempimento delle sue aspettative direttamente sui nomi dei
nuovi ministri.
Inoltre, nelle affermazioni di Gianni Agnelli si coglie tutto quanto qui è stato detto.
Un italiano, insomma, che è stato il capo del WTO, aveva tutto l’appeal per potere dare
lustro ad un nuovo governo, per di più ad un governo di centrodestra. Non è cosa da poco in
un momento di scossoni e di lotte politiche apparentemente sopite fra i partner
dell’Unione Europea, in cui, in particolare, qualche mattacchione di ministro belga e perfino
il presidente della Repubblica francese incespicano in gaffe politiche in cui poi tutti
stanno sterilmente a polemizzare nel fare in quattro il falso corno del problema.
Su Ruggiero oggi vediamo tanti di quei ‘ma’ e ‘se’ che dovevano essere individuati
prima. Innanzitutto, per quanto sembrava ben scelta per Ruggiero la poltrona della Farnesina,
siamo proprio sicuri che questo non sia stato invece il primo grande errore?
Un impolitico nel senso più ampio e un tecnico nel senso più stretto dei termini quale si è
rivelato Ruggiero, non doveva essere la persona meno adatta a svolgere il ruolo di capo della
diplomazia? Con i se e i ma e i postea, non sarebbe stata ben adatta a Ruggiero la carica di
ministro della Attività produttive, una carica sempre prestigiosissima e di specifica
rilevanza, su cui il tecnico avrebbe potuto dimostrare di far ottimamente veleggiare la
nostra barca anche in acque in molto poco tranquille? Egli non avrebbe potuto dare un
forte impulso a tutti i livelli in settori in cui avrebbe messo in atto tutte le sue
doti e competenze tecniche?
Non sarebbe stato di diretta utilità anche per le problematiche politiche interne e
non avrebbe potuto addirittura essere di aiuto al ministro del Lavoro, Maroni, un leghista
come Bossi, per riformare in misura profonda il sistema italiano ancora ipotecato dai
confederali e dall’opposizione di sinistra?
Non vi è forse stato un errore di valutazione e quindi di collocazione, o forse è non stato
ritenuto, anche qui erroneamente, il ministero delle Attività produttive qualcosa di meno
strategico e di minore rilevanza nel contesto delle attività internazionali? La guida di
questo ministero avrebbe peraltro consentito a Ruggiero un diretto ulteriore arricchimento
delle sue qualità, perché sarebbe venuto a conoscere a menadito gli interessi di più diretta
rilevanza strategica nel campo degli investimenti militari, in particolare sui progetti a
tecnologia avanzata, in cui siamo già impegnati. Ciò probabilmente gli avrebbe consentito
di evitare l’errore di intervenire a sproposito sulla non scelta dell’aereo da trasporto
A-400m espressa dal ministero della Difesa, on. Martino, e sui cui ho avuto occasione già
di scrivere per i lettori di ParvapoliS.
Se per Berlusconi è risultato quindi ineludibile giungere alla fine del rapporto di lavoro
con Ruggiero, nei modi più corretti e indolori, cosa c’è da dire su tutto il contorno
della vicenda? Abbiamo constatato ancora una volta come la gran parte dell’opposizione
parlamentare, in particolare i leader diessini - che farebbero bene a stare in silenzio per
un bel po’ di tempo - è partita per l’ennesima carica alla Brancaleone. Queste scomposte
reazioni, in cui si trova coinvolto, ci pare suo malgrado Rutelli, sono indice della poca
maturità e responsabilità politica e morale di quella parte che fino a pochi mesi addietro
era al governo e che molto poco e molto molto male aveva fatto. Unico voto positivo, quello
di avere scimmiottato una politica di destra dietro la facciata del no a profonde riforme. Un
esempio: in molti settori statali, di fatto il governo della sinistra ha iniziato a rivedere, purtroppo, le pensioni già da diversi anni, con il dare aumenti irrisori, ben al di sotto del recupero inflattivo, che determinano un increscioso, costante scivolamento all’indietro del calcolo pensionistico del lavoratore.
Certo, questo governo Berlusconi, brilla fin troppo nel far dilagare una scomposta liberalizzazione in molti settori, ad inziare dal sì al profitto nell’investimento nell’istruzione privata e nell’abbandonare a molti incompetenti questo settore vitale del governo, per non dire dell’abbandono delle promesse fatte ai professori delle superiori e delle medie di portarli a livello europeo. Certo, dato ai professori men che le briciole, senza abbattere lo stato di egualitarismo comunista (alle cui centrali burocratiche è probabile che si darà l’operativa applicazione di una nuova, camuffata operazione per la “selettività e la qualità” dei docenti) e tutto dando ai “dirigenti scolastici” (nuova alleanza strumentale e farsesca con la cinghia di trasmissione confederale dei precedenti decenni, in continuità passiva e totale con gli artefice comunisti di questa riforma burocratica) e senza ridare il mino aumento ai ministeriali più penalizzati e confermando alle regioni e agli enti locali il tutto quasi per ogni tipo di spesa, non bene sta facendo questo governo.
Su ciò va sensibilizzato, spronato, pungolato, strattonato e attaccato per fargli correggere
e bocciare l’insensibilità, la disconoscenza dei problemi o l’irricevibile patteggiamento. E,
come si sa, Berlusconi sa ben patteggiare, come ha patteggiato anche nella sua Fininvest, anche
perdendo e prendendo qualche bella batosta da capintesta che ben sanno fare i loro interessi
in un sistema di libero mercato.
Ma, per fortuna, non è tutto così. Ministri di Forza Italia come Frattini (anche se insiste
troppo e spesso sullo spirito di nuove e delicatissime leggi "condivise"), Martino, Tremonti e
la squadra di Fini, con Gasparri (che non deve essere assolutamente solo nella impari lotta al
potere del centrosinistra nella RAI, oggi ancor più difficile dopo un grave errore della
maggioranza nell’avere fatto avere la presidenza della commissione di vigilanza nientemeno che
a un diessino, mentre si raccolgono i cocci di una disfatta a cui si deve rimediare), Matteoli
e Urso. Persino il leghista Castelli sta dimostrando di avere buona tempra.
Questo governo sta cercando di avvicinare in altri settori importanti la nostra nazione agli
standard degli altri partner: l’azione però richiede persistenza e continuità negli anni. Così
è per la politica estera non fatta di sole parole, così è per la difesa e per le infrastrutture
strategiche e per il rilancio della grande e media portualità, così è per la tecnologia
avanzata e per la ricerca scientifica, tutte cose che richiedono tanti, tantissimi investimenti,
così è per la riduzione delle emorragie del sistema sanitario, così è per la detassazione
delle imprese e dei cittadini.
Oggi bisogna lanciare dei messaggi a Berlusconi molto chiari e non assoluti come il suo
colorito e massmediatico linguaggio. Egli può molto e soprattutto può ancora macroscopicamente
sbagliare. Deve cessare di patteggiare e di creare intoccabili campi di trasformismi e di
poco vereconde mediazioni con l’opposizione e con branchi itineranti. L’occasione elettorale
propiziadi cui ha goduto va rispettata sino in fondo. Egli deve dare più certezza al sistema
bipolare oggi in atto (per quanto non costituzionalmente, come ebbe a giocarci su l’allora
presidente della Repubblica Scalfaro). Gli uomini che devono essere chiamati al governo e in
ogni gradino di scelta politica delle pubbliche ammnistrazioni e delle aziende e delle
consulenze devono essere chiaramente del centrodestra, in primis la RAI. Questa è
un’affermazione non di chiusura a riccio ma di piena conferma e difesa del princio
dell’alternanza, su cui anche persone stimabilissime e amiche paiono avere delle perdite
di memoria. Niente ulteriori condizioni gravemente compromissorie. Chi ha votato per
questo schieramento, deve sapere quale è il grado di capacità di governo di questo
schieramento.
Ma ritorniamo a Ruggiero. Dopo le dimissioni del ministro, quanto durerà l’interim di
Berlusconi poco ci interessa, purché sia molto breve. Un rimpasto interno dovrebbe portare a
un riequilibrio in favore della visibilità e del ruolo di Alleanza Nazionale, che ha pagato
un altissimo tributo elettorale, fino in ultimo in Sicilia ( non solo per gli errori dei
luogotenenti). Nell’ottica di un rimpasto di governo, fermo restando Fini nella carica
apparentemente diafana ma importantissima e irrinunciabile di vicepremier senza dicastero,
quale effettivo punto di raccordo dell’azione di governo, accanto al presidente,
nell’eventuale passaggio di Martino agli Esteri, politicamente valido sarebbe il passaggio
di un ministro o viceministro di A.N. ai vertici della Difesa o delle Attività Produttive.
Domenico Cambareri
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