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Latina. Berlusconi e il Cancelliere che non c'è. Cambareri: «Meglio pensare ad
Antonio Martino. È una testa pensante e non dice solo signor sì»
Chiusa velocemente e in positivo l’uscita di scena del ministro degli Esteri, Ruggiero, il
governo e il suo presidente si trovano nella necessità di dovere individuare il successore,
e al più presto, per la Farnesina.
Per quanto allettante possa risultare la proposta di candidare il vicepremier, Fini, ciò non
è politicamente opportuno e pagante anche se in ballo vi è la poltrona più prestigiosa.
Infatti, il quadro politico interno non paga nel raggiungimento di ulteriori equilibri
perché Fini ha da svolgere il ruolo irrinunciabile di vicepresidente del Consiglio, non
condivisibile con altre responsabilità ministeriali per le esigenze simultanee di immagine
e di realtà di unico vice che affianca sempre e su qualsiasi cosa il presidente. La carica
di ministro di fatto verrebbe a determinare una diminutio o un’impossibilità effettiva
del ruolo di vice premier.
La dialettica interna ai partiti dell’arco di maggioranza inoltre impone di affidare la
carica di ministro degli Esteri ad una delle personalità più in vista di Forza Italia,
particolarmente gradita agli stessi alleati, e così determinare un minispostamento di
poltrone al fine di calibrare meglio la presenza, per alcuni aspetti ancora in secondo piano,
degli uomini di Alleanza Nazionale.
Non solo a Fini ma anche a Berlusconi può oggi interessare questa opportunità di conseguire
più confacenti equilibri interni. Inoltre, in riferimento agli impegni del vice premier, non
è da dimenticare che egli oggi più che mai non può lasciare la guida del suo partito. Inoltre,
nobles oblige, Fini non può accettare mai questa carica solo e soltanto dopo che Berlusconi,
dalla tolda del suo veliero, ha dato il là ai carpentieri di bordo e alle nuove orchestre
nel fangente imbarcate.
È bene che un uomo come Martino, e forse... forse solo lui possa andare a ricoprire questa
nuova carica. Egli di fatto è ben gradito ad A.N. e agli altri soggetti politici del Polo ed
ha buone opportunità per avere consensi estesi, per quanto non manifesti, dietro i banchi
dell’opposizione anche perché è una testa pensante che non si è mai ridotta al signor sì,
una testa pensante politicamente cresciuta sapendo sostenere i suoi dissensi e disconoscendo
ogni ruolo a qualsiasi corte di mecenati rinascimentali. Martino, inoltre, alla Difesa ha
dimostrato di sapere ascoltare i militari, anche se purtroppo costoro devono imparare a
volare con lo spirito e con il senso di libertà che per tanti anni è quasi mancato loro.
Spirito e senso di libertà che devono far dirigere verso altri livelli di "proiezione" la
crescita delle nostre forze armate. Non dimentichiamo inoltre che ancora sul sito Internet
della Difesa risulta quella posticcia contraffazione del "nuovo modello di difesa" voluto
dal precedente ministro.
Uno spostamento interno potrebbe compensare Marzano con la poltrona di via XX Settembre e fare
ascendere nella carica di ministro il suo attuale vice, Urso.
Tuttavia, superata l’uscita di scena di Ruggiero, Berlusconi deve evitare di cadere in
altri errori, ad iniziare da quelli che la sua indole facilita in maniera macroscopica.
L’affermare spavaldamente alla stampa che con il suo arrivo alla Farnesina egli sistemerà
tutto e avvierà immediati processi di adeguamento e trasformazioni radicali e, soprattutto,
con il dire che lì ci voleva proprio un imprenditore, un comunicatore e un organizzatore,
dimostra di avere già dimenticato che questi era appunto Ruggiero. Il riproporsi in questi
termini, poi, può dare l’immagine (o rafforzarla nei suoi avversari non solo politici) che
egli davvero si ritenga un uomo dotato di virtù adatte per ogni condizione e per ogni
imprevedibile caso. Egli inoltre sbaglia grandemente nel dire quanto ha ancora detto sulle
funzioni della Farnesina, forse avendo dimenticato che vi è alle Attività Produttive del
suo ministro ed economista Marzano, il settore del Commercio Estero (guidato dall’ottimo Urso).
Berlusconi, nell’impeto delle sue repliche, sbaglia ancora nel dimenticare che il
ministero degli Esteri è un ministero politico, per eccellenza politico. È il ministero
della politica quale grande arte creativa che non compete, non può competere a un imprenditore
che così parla, peccando pari pari come Ruggiero, per quanto questa volta l’imprenditore sia
lo stesso presidente del consiglio, che è responsabile in primis della conduzione della
politica governativa.
Qui Berlusconi è incorso in un errore politico a cui le opposizioni non hanno badato,
accecate come sono dalla rabbia e da una reazione sviante e totalmente istintiva. Berlusconi,
in ultimo, ha sbagliato grandemente con i suoi ministri nel parlare in questi termini, quando
sarebbe bastato solo l’asciutto comunicare dell’assunzione per brevissimo tempo dell’interim.
Ma ancora, quanto poco corretto è il dire che egli bonificherà e adeguerà tutto e solo,
soltanto dopo, a cose fatte, provvederà ad insediare un ministro?
Speriamo che questo grande comunicatore, che suscita comunque la nostra stima, non abbia a
pentirsi troppo presto di questo venir meno alla regola della buona politica, che strano caso,
ci pare essere qui coincidente con quella del gran tatto nel grande proscenio. Diciamolo pure,
il cavaliere s’è lasciato prendere la mano, anzi la voce, fin troppo. Ciò può però, accumulato
ad altre situazioni, produrre stati d’animo reattivi negli uomini migliori della squadra di
governo. Egli deve evitare di mancare di tatto ripetute volte, deve tener conto che il suo vice
è da interloquire sempre e comunque, in ogni momento, deve pensare a un corso di galateo
accelerato per premier. Da buon produttore e venditore, non può dimenticare che amici,
alleati e persone con cui si opera vanno sempre rispettati e non smielati nei momenti non
politicamente gratificanti quali sono quelli dell’esercizio del governo. Il cliente
innanzitutto, altrimenti non si vende. Senza voler banalizzare e pur capendo che il presidente
del Consiglio vuole dare l’impressione di sicura determinazione, di convinto decisionismo,
egli non può dimenticare che la sua onda lunga elettorale non può richiedere pazienza
infinita ad amici di partito e alleati, costretti a fare spesso gli anfitrioni a comando.
Non può anche dimenticare, anzi deve capire che in Italia non abbiamo ancora attuato riforme
presidenzialiste e che egli non è un cancelliere tedesco, un premier inglese o un presidente
francese. Sì, abbiamo votato con nuove regole, indicando il "premier", ma ancora un premier
all’italiana, in questo caso forse per fortuna.
E proprio su questo vogliamo vedere Berlusconi, quando, a proposito di riforme, diventa mister
Tentenna, sospinto forse da brezze statistiche e massmediatiche che noi, incolti e imprevidenti
non imprenditori, non potremo mai capire.
È bene pertanto che Berlusconi dia meno e più sicure certezze, ad iniziare dal vedere
sugli schermi più spesso i suoi ministri e meno il gabinetto dei leader. Sì, perché anche
questo a Fini deve interessare, non meno dei ministri di Forza Italia, apparire sempre
più nel ruolo istituzionale per un presidente non ubiquo. Contiamo più sul grande
intutito del grande capitano d’industria che su quello politico di un presidente del
consiglio su cui sono stati riversati milioni di voti, e che in fondo, oltre le nostre
critiche, ha anche il diritto di non temere gli attacchi delle opposizioni e la bocciatura
di Gianni Agnelli. Ma anche il dovere di dire che non sa fare proprio tutto, ad iniziare
dalla scuola e con il finire con la politica estera. Sulle singole cose, gli restano i
meriti guadagnati sul campo, come quello per il "piano Marshall per la Palestina", che
nessuno certo può appannare.
Domenico Cambareri
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