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Latina. Gli incontri culturali di ParvapoliS. Giacomo Marramao: «Nessuna identità tra
liberalismo e liberismo. È una confusione diffusa»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giacomo Marramao. «Le ideologie? Ormai
quelle "tradizionali" sono definitivamente morte. Intendo quella fascista
e quella comunista. Se ne stanno però affermato di nuove. Una neoliberista
ed un'altra neocomunitaria. Pericolose? Non sempre. Avere una ideologia può
essere un fatto positivo».
Al giorno d’oggi vige una sorta di pervasività globale del termine etica - c’è un’etica delle
compagnie aree, un’etica del lavoro, un’etica dell’arte e via elencando, quasi che tale
concetto debba riempire il vuoto lasciato da altri sistemi di valori e di riferimenti.
In base a considerazioni come queste, l’etica ha riconquistato
uno spazio o ha invece perduto la propria identità?
«Nelle precedenti epoche storiche, questa sorta di generalizzazione riguardo alle applicazioni
del termine etica - o anche del termine morale - ha sempre costituito il sintomo di un
conflitto in atto tra idee e opinioni intorno a ciò che è bene e ciò che è male: si inizia
a riflettere più approfonditamente sull’argomento quando non vi è più un senso comune
consolidato e omogeneo intorno a determinati principi. Anche ai giorni nostri la filosofia
si interroga su quali siano i nuovi criteri di condotta degli esseri umani rispetto a
tematiche emergenti per le quali non esistono delle precedenti regole di azione pratica.
Esempi fra tutti potrebbero essere la questione dell’aborto, dell’eutanasia o del
trapianto degli organi, che sono tre problemi strettamente correlati a quel campo
chiamato bioetica: se qualcuno cercasse la parola bioetica su un dizionario della
lingua italiana precedente al 1986 - o addirittura al 1988 - non lo troverebbe,
segno che il termine è entrato in uso in anni relativamente recenti».
La bioetica non è comunque l’unico terreno che richieda un intervento di riflessione etica...
«Ce ne sono molti; uno fra tutti potrebbe essere quello riguardante la concezione
della libertà personale in relazione alla proprietà privata: se un’azienda è proprietaria
di alcuni macchinari e detiene la facoltà di produrre determinati beni, la stessa azienda
è anche in diritto di controllare il proprio ciclo produttivo indipendentemente
dagli effetti che questo avrà sull’ambiente o no? Se rispondiamo negativamente, rifacendoci
al principio che il problema ecologico non è più una questione di proprietà privata,
allora dobbiamo riconoscere che siamo in presenza di un mutamento radicale del rapporto
tra ciò che è privato e ciò che è pubblico. Il che non vuol dire che non si dia privacy,
vuol dire unicamente che il confine si è spostato e che dobbiamo individuarne le nuove soglie».
Dicevamo del liberalismo...qui l’etica diventa particolarmente importante, perché potrebbe
intervenire su quelle materie nelle quali lo Stato non è più chiamato ad agire...
«Storicamente il liberalismo nasce come una dottrina e una corrente di pensiero fondata
su principi estremamente rigorosi. Quindi non ha nulla a che fare con la concezione corrente
di libera iniziativa economica, intesa come libertà sfrenata e come pura logica di mercato.
In altri termini, è tutt’altro che scontata l’equazione tra liberalismo e liberismo che
oggi viene da più parti sottolineata: ciò costituisce uno dei principali fattori di
confusione in molte delle discussioni in corso. Il liberalismo presuppone invece una
rigorosa responsabilità individuale, vale a dire un nesso molto stretto tra la libertà di
scelta e di iniziativa da una parte, e la responsabilità dall’altra, teorizza inoltre
un mercato dotato di regole rigorosissime, ovvero un mercato moderno.
Quando parliamo di mercato, infatti, dobbiamo sempre specificare a quale tipo di mercato
alludiamo. Gli storici economici hanno ormai abbondantemente dimostrato che in tutte
le civiltà storiche ci sono stati dei ‘mercati’ - al plurale - rispetto ai quali quello
moderno, o capitalistico, è fondato su regole estremamente rigorose e su un elemento
chiave senza il quale ogni relazione economica verrebbe a cadere: la fiducia. Se perdiamo
di vista l’affidabilità dei partner sul mercato, crolla anche lo stesso meccanismo
mercantile nel senso moderno della parola.
Il problema che ci si pone oggi è se esista un mercato mondiale che abbia delle regole certe.
La mia impressione - anzi, la mia convinzione - è che a livello mondiale non si dia
un mercato con regole certe, e che la crisi delle norme classiche sia strettamente legata
ad una serie di trasformazioni che ha investito la sfera delle relazioni internazionali
relativa all’organizzazione degli Stati. Per dirla in breve: la crisi delle sovranità
tradizionali - ovvero dei singoli stati nazionali - ha determinato sul mercato
un’incertezza che dipende non soltanto dai rapporti di forza tra paesi o dalla relativa
congiuntura economica, ma anche da fattori psicologici, come grandi economisti di
questo secolo ci hanno indicato».
Marianna Parlapiano
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