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Roma. Esclusivo: Pirandello racconta Pirandello. Pierluigi, il nipote del Nobel:
«Nonno non voleva che io facessi l'artista. E così diventai avvocato»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Pierluigi Pirandello, nipote del (quasi) omonimo
Nobel per la Letteratura.
Pirandello racconta con naturalezza del nonno e del padre. Primogenito
di Fausto e Pompilia d'Aprile, nasce nel 1928.
«Mi chiamo Pierluigi per volontà di mio nonno, che voleva essere l'unico Luigi della
famiglia. Volontà che è stata rispettata».
Pierluigi, a differenza del nonno Luigi, del padre
Fausto, pittore, e dello zio Stefano, romanziere e commediografo, non intraprende la carriera
artistica, praticando, invece, la professione d'avvocato.
«Papà e nonno me lo sconsigliarono. Così, mi sono iscritto a Giurisprudenza. E poi
sarebbe stato un peso troppo grosso, quello del cognome. Già adesso quando dico come
mi chiamo avverto un sentimento misto tra sentimento e stupore. Da un lato sono contento,
perché mi sento una persona importante. Dall'altro mi deprimo perché vuol dire che la
mia immagine, il mio aspetto, la prima impressione non è all'altezza del nome che porto».
Eppure all'arte Pierluigi Pirandello è sempre stato vicino, conoscitore dell'opera del padre
e curatore della nutrita raccolta dei suoi scritti. Tra l'altro è anche a lui che si
rivolgono le compagnie prima di portare in scena le opere di Luigi.
«Io non sono per una rigida interpetazione del testo. Sono più liberal di altri miei
parenti».
Ma che rapporto aveva Pierluigi con
il suo illustre nonno?
«Io sono sostanzialmente "nonnocarente", perché mio nonno era in giro di continuo con
le compagnie teatrali, dato che seguiva sempre gli spettacoli con puntigliosità per
verificare la recitazione degli attori. Soltanto in quella che sarebbe stata l'ultima
estate della sua vita venne a passare le vacanze con noi ad Anticoli Corrado. Era
il 1936 ed io avevo otto anni: lo vedevo con distacco per quella separazione tra le
diverse generazioni, ma anche perché per mia madre e mio padre era una divinità;
mi dicevano: "Non disturbare il nonno!". La mattina scriveva - stava cercando
faticosamente di portare a termine la sua opera incompiuta I Giganti della montagna -
e il pomeriggio dipingeva nello studio con mio padre. Parlavano di pittura e dei
rapporti tra pittura e letteratura: molti scrittori dipingono e molti pittori scrivono,
anche mio padre ha scritto molto e di recente è stato pubblicato un libro di suoi scritti.
Di lui serbo la visione di una persona piena di vita che scriveva e dipingeva, in
polemica con mio padre: lo so perché mentre facevo da modello ù
assistevo a vivaci discussioni sulla pittura, sul modo di vedere e Luigi Pirandello
era un po' passatista, non un pittore d'avanguardia. Ogni tanto mio nonno mi dava una
carezza, come a farmi capire che non stavano litigando».
«Insomma, ho vissuto un po' sotto l'ombra di mio nonno, fino a quando una broncopolmonite
non se lo portò via. Prese freddo all'uscita dagli studi di Cinecittà. Era dicembre e lui
uscì senza giacca. Oltretutto era un accanito fumatore. Come mio padre. Anche lui ebbe
seri problemi con i polmoni. Ed anche questo mi hanno lasciato in eredità, come
insegnamento. Infatti conduco da sempre campagne antifumo».
Claudio Ruggiero
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