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Latina. «Gli incontri culturali di ParvapoliS». Giuseppe Spadaro: «Il fascismo, crocevia
della modernità». Gli errori storici della Chiesa cattolica
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giuseppe Spadaro, uno degli intellettuali più
autorevoli ed apprezzati della destra sociale italiana. Spadaro è famoso
anche e soprattutto per un libro, «Il fascismo crocevia della modernità» che ha
costituito una vera e propria rivoluzione copernicana nell'ambito di quella "destra
bigotta" che per cinquant'anni ha giocato a presentarsi come più ortodossa della
Democrazia Cristiana. Rinunciando al suo patrimonio di pur cattolico ghibellinismo,
capace di distinguere (sull'esempio di Dante, che metteva all'inferno papi e vescovi)
le posizioni dottrinali della Chiesa da quelle, sempre variabili ed elastiche, che il Vaticano
assume di volta in volta in campo politico e sociale, questa destra continua a ruffianeggiare,
mentre perfino il gesuita padre Sorge invita la chiesa a rinunciare, quand'anche ne abbia
diritto, ai suoi privilegi, "perché sia chiara la sua testimonianza evangelica".
«Spadaro è invece più vicino al vero fascismo, che fu più laico e meno oltranzista
nella difesa dell'ortodossia, di quanto non lo sia poi diventato il neofascismo»,
scrive Giano Accame nella prefazione. Tuttavia da errori ed esasperazioni del fascismo
l'autore prende senza mezzi termini le distanze...ma senza rinunciare a tirare in ballo
le responsabilità multisecolari della Chiesa.
Giuseppe Spadaro è un intellettuale che ha una sua precisa quanto particolare biografia
culturale. I tanti interessi nutriti e la grande capacità artistica della sua natura hanno
contribuito e mai ostacolato il percorso di approfondimento e di problematizzazione di alcuni
cruciali aspetti della nostra civiltà, in particolare dell'età contemporanea. Per un lungo e
fecondissimo periodo della sua vita, egli è stato ricercato pittore, elettivamente esoterico
e al contempo inimitabile bizantino per la ricchezza degli ori e dei colori e delle irrompenti
sinuosità delle forme perpetuando nel pennello le trame della sua origine, che unisce insieme
Noto e Siracusa. Già allora dimostrava di avere saputo fare ottimo, personalizzato tesoro di
alcune delle maggiori esperienze pittoriche novecentesche e Aniceto Del Massa e Valerio Mariani,
e poi Mercuri, Segala, Tallarico e altri hanno scritto del pittore parole che non
appassiscono, mentre grandi intenditori e collezionisti hanno già allora ben gustato delle
sue tele. Sul piano delle sue ricerche e della sua produzione, lo abbiamo visto poeta fine
che ha saputo richiamare molteplici attenzioni ed ha fatto esprimere giudizi più che
lusinghieri su versi distillati e forti, di cui si coglie il segno nelle presentazioni di
Giulio Cogni e di Franco Piccinelli («L'immagine del padre», minipoema in endecasillabi,
nel 1982). Nel 1993, per le Edizioni Mediterranee, ha pubblicato un libro originale che
ha lasciato una bella traccia «Il "caso" Borromini» ricostruito per identificazione. Un
libro di ricerca artistica e di ricerca storica che diventa un grande romanzo in cui
l'ardimento stilistico e linguistico e la finezza psicologica si impongono immediatamente,
tanto che sanciscono un successo tra schiere dei cultori della materia. A questo libro
seguiva subito «Rogatoria finale» (Shakespeare & Company editore). In anni più recenti,
il mai interrotto studio in profondità della nostra contemporaneità da un lato e dell'età
tardoantica dall'altro, ha portato lo scrittore alla ribalta con interpretazioni originali.
È il caso di un interessante libello «La parabola dei talenti e l'eterno ritorno» (Edizione Le
Tre Parole, per conto dell'Associazione per la rigenerazione religiosa della modernità) e,
soprattutto, dell'opera già citata che ha fatto e da tanto discutere non solo fra gli
esponenti delle diverse culture della destra. Adesso sta per uscire per i tipi dell'editore
Antonio Pellicano «L'equivoco della liberaldemocrazia». Anche quest'opera si conferma come
un pezzo forte per la sua sagacia critica e la capacità di volersi mettere controcorrente
rispetto a quelle idoli che improvvisamente irrompono e prevalgono nell'agone politico,
costituendo fenomeni alla moda incontenibili e idonei a svolgere il ruolo di vuoti simulacri
in funzione di conversioni ideologiche repentine o fittizie. Un'opera che accenderà il
dibattito tra gli intellettuali di destra. E non solo.
Mauro Cascio, Marianna Parlapiano
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