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Cisterna. Da Platone al Computer, ovvero la Storia dell'Occidente raccontata da Piergiorgio Odifreddi. «Per fare il punto sulla nostra cultura»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Piergiorgio Odifreddi, docente di logica matematica all'Università di Torino. Odifreddi è nato nato a Cuneo il 13 luglio 1950. Si è laureato in matematica a Torino nel 1973; si è specializzato presso le Università dell'Illinois nel 1978-79 e della California nel 1982-83. È stato Visiting Professor di logica matematica presso le Università di: Novosibirsk (Unione Sovietíca) nel 1982 e 1983; Melbourne (Australia) nel 1989; Pechino (Cina) nel 1992 e 1995; e Nanchino (Cina) nel 1998. Dal 1983 è Professore Associato presso l'Università di Torino e dal 1985 Visiting Professor presso l'Università di Cornell, (Stati Uniti). Il suo lavoro scientifico riguarda la logica matematica, e più in particolare la teoria della calcolabilità, che studia potenzialità e limitazioni dei calcolatori. Nel 1989 ha pubblicato il primo volume di Classical Recursion Theory e nel 1999 il secondo. Nel 1990 ha curato Logic and Computer Science. Il suo lavoro divulgativo esplora le connessioni fra la matematica e le scienze umane, dalla letteratura alla pittura, dalla musica agli scacchi. Ha vinto il Premio Galileo 1998 per la divulgazione scientifica. Collabora a La Stampa, Tuttoscienze, Scienza Nuova, Le Scienze, Sapere, e La Rivista dei Libri; partecipa alla trasmissione radiofonica «Lampi» della Rai. È organizzatore, con Michele Emmer, degli incontri annuali Matematica e cultura di Venezia. Ha terminato i volumi «Dalla Galilea a Galileo», «La matematica del 900» e «Labirinti dello spirito, pubblicati da Einaudi».
A Cisterna Odifreddi sta conducendo il ciclo di incontri «Da Platone al Computer - Storia della Civiltà Orientale», a cura dell'Associazione Culturale Luca Cicchitti. Tema del primo incontro «L'antichità greca: la Filosofia (la nascita del Pensiero Occidentale, i Presocratici, l'idea di razionalità dell'universo in Platone, la logica di Aristotele)». Oggi si parlerà invece di «Medioevo: la Teologia (la Scolastica da Sant'Anselmo a Tommaso D'Aquino: il tentativo di usare la ragione a fini teologici e il fallimento dell'impresa». Domani sera l'ultimo incontro: «L'era moderna: la Scienza (La Scienza della Natura da Galileo alle Superstringhe: la ragione usata per lo studio dell'universo e la matematica e la logica come strumenti intellettuali per questo studio».
«La separazione delle culture è un equivoco perché la cultura è una sola, e le cosiddette culture umanistica e scientifica sono ciascuna una metà di un tutto. È una disputa senza senso, analoga a quella di chi dicesse di essere a favore di uno dei due emisferi del cervello, ma non dell'altro. In realtà, così come abbiamo bisogno di entrambi gli emisferi, abbiamo bisogno di entrambe le culture. A mio parere, l'equivoco comunque esiste solo tra gli umanisti, che credono (o vorrebbero credere) che solo la cultura umanistica sia utile e necessaria. Non credo che ci siano esponenti della cultura scientifica che pensino nello stesso modo. Paradossalmente, però, questo può essere preso dagli umanisti come una prova del fatto che la ragione stia dalla loro parte. I danni li abbiamo sotto gli occhi, perché in Italia la divisione delle culture è il bel frutto della politica culturale dell'idealismo di inizio secolo. La scuola uscita dalla concezione di Croce e Gentile è il miglior esempio della separazione delle culture: l'umanesimo a chi deve dirigere la società, la scienza a chi deve lavorare. Come possa oggi comandare, in un mondo tecnologico, chi sa soltanto leggere i classici latini e greci, è una bella domanda. E la risposta, non esaltante, la si vede nella classe dirigente italiana. E anche nei media, che ovviamente sono principalmente in mano agli umanisti. Per fare un esempio su tutti, persino i più noti giornalisti scientifici italiani, da Angela a Bianucci, sono laureati in lettere! Chiunque troverebbe ridicolo che la divulgazione dei classici fosse lasciata in mano agli elettrotecnici, ma il contrario non sembra stupire nessuno».

Maria Corsetti

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