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Aprilia. Versi divini per vini diversi. Stanislao Nievo torna a proporre: «Facciamo dei resti del
Tempio della Mater Matuta un centro culturale»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Stanislao Nievo. Uno scrittore che non ha bisogno
di presentazioni.
«Paul Gauguin dipinse un famoso quadro dal titolo: "Da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo",
ciò rappresenta quel che cerco nei miei libri, ed anche nella vita. È un modo per rendersi
conto di quel che ci succede e di cosa facciamo a questo mondo. Per un viaggiatore, un
narratore, ma direi per ogni uomo è necessario tale rapporto. Così la mia scrittura è ricerca
del reale nascosto nel panorama terrestre e di come svelarlo. Sono uno scrittore, scoperta un
po' tardiva verso i quarant'anni, dopo una giovinezza di viaggi e lavori alla Jack London,
dallo scaricatore di porto in Finlandia al mozzo sui mari di Norvegia. Lasciata l'università,
mentre preparavo la tesi di laurea in scienze biologiche ho fatto una spedizione
scientifica per la facoltà di Zoologia dell'Università di Roma. Siamo andati alla ricerca
dei resti di un continente scomparso, Lemuria. Da allora sono diventato giornalista,
fotografo, regista, prima di trovare la mia vera strada, quella di scrittore.
Sono stato in tutti i continenti, Antartide compresa. Ho scritto 10 libri, nove in prosa,
uno in versi. Ho ricevuto numerosi premi, tra cui Strega e Campiello. Ho visitato 90 paesi
nel mondo. Sono passato per terre desolate e tumultuose, finendo anche davanti al plotone di
esecuzione e scampandola per un soffio. Ho sostato in alcune prigioni tropicali e attraversato
altrettante guerriglie tra Asia e Africa. Creata la Fondazione Ippolito Nievo, sono riuscito ad
ottenere l'appoggio di Unesco e Comunità Europea per l'iniziativa dei Parchi Letterari.
Ho creato una Foresta Ideale e una Nave del Tempo e sono tra i fondatori del WWF. Nel complesso
mi è andata bene pur avendo perduto, distrutte dalla guerra e dal terromoto, le case in cui
abitavo. Una era il castello dove visse il mio antenato scrittore Ippolito Nievo e dove
sia lui che io scrivemmo due libri fortunati.
Questa in breve la mia storia, storia di un narratore, che non è mai stato un impiegato
modello anche nel suo stile, né un canonico in terra di missione. Ma piuttosto un
esploratore pronto ad accettare le regole del gioco, le critiche, anche le peggiori e
tirare comunque avanti, se ha qualcosa da dire.
Perchè questa è la prima vera regola».
E in occasione della presentazione del nuovo libro di Adriana Vitali Veronese presso
il Casale del Giglio, Nievo è tornato su un vecchio cavallo di battaglia: Mater Matuta,
con una proposta: farne un centro culturale.
«Prima che Roma diventasse adulta nell'area mediterranea - più decisamente
quella della Magna Grecia e i territori delle tribù latine ( da cui Latium, Lazio) del centro
Italia - esisteva un culto profondo della maternità. È un culto che la studiosa lituana
Maria Gimbutas ha ben documentato nei millenni prima del Mille a.C. La studiosa racconta
che la cultura europea era, specialmente fra settimo e secondo millennio avanti Cristo, una
cultura femminile che sviluppò nell'area orientale attorno al Mediterraneo anche l'agricoltura.
Ma che cosa rimane nella documentazione archeologica giunta sino a noi? Alcuni templi e
santuari e qualche relitto statuario lungo l'arco degli Appennini centrali. E specialmente
un tempio la cui base è quasi intatta. Dove? A Satrico, tra l'attuale Latina e Nettuno,
nell'Agro Pontino. Un tempio rettangolare i cui scavi sono da anni in corso, affidati a
studiosi olandesi. Il tempio si trova sulla sponda collinosa del fiume Astura, mentre di
fronte, sulla sponda opposta, appena sollevata su una bassa collina, sta la casa della più
celebre santa italiana del XX secolo, Maria Goretti.
Insomma la più moderna e antica altura dedicate alla religiosità femminile, attorno a Roma,
stanno a Satrico, oggi Ferriere di Conca.
Scrissi anni fa un libro, Aurora, altro nome della Mater Matuta , dea che portava l'aurora
e la luce della vita. È la storia del tempio e della perdita di un sentimento umano,
rimasto sospeso nei secoli, il sentimento "sociale" dell'amor materno, quello che le donne
dedicano in genere ai bambini».
Maria Corsetti
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