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Latina. Un sogno bello come il Jazz. Romano Mussolini: «Agli americani sembrò impossibile che al figlio del Duce piacessero i neri»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Romano Mussolini, uno dei jazzisti più noti ed apprezzati a livello internazionale. Mussolini nella giornata di ieri è stato ospite del Cepu per poi esibirsi in un concerto al Logos Art Studio. «Credo di aver iniziato ad ascoltare del Jazz nei primissimi anni trenta attraverso i dischi che avevano mio fratello Vittorio e mia sorella Edda, già appassionatissimi di Jazz... penso verso il 1931, 1932. I primi dischi 78 giri - non sapevo ancora né leggere né scrivere - li conobbi attraverso le etichette, la DECCA, la Voce del Padrone... ero bambino. E poi subito dopo, vedendo che mi interessavo, i miei fratelli mi regalarono dischi di Louis Armstrong, di Henderson ... cioè gran buon Jazz. A me piaceva tutta la musica perché contemporaneamente ascoltavo anche musica sinfonica... amavo Puccini e Vittorio mi regalò la "Turandot" e "La fanciulla del West" che io consideravo modernissimi... sembrava quasi del Jazz. Però sentivo tutto, anche della musica popolare italiana, canzonette... ma la mia grande passione è stata il Jazz ed in particolare il Blues. Fui sempre abbastanza fortunato perché mio fratello Vittorio andò nel 1938 in America e mi portò una caterva di dischi che comprò lui stesso. Furono molto stupiti gli americani di sapere che il figlio di Mussolini voleva andare ad ascoltare Duke Ellington che suonava ad Harlem e non lo fecero andare perché dicevano che non sarebbe stata una cosa giusta... perché ripeto, per loro era inconcepibile che un personaggio del genere si interessasse al Jazz perché era una musica suonata dai negri... oh, questo gli americani!».
«Non ho mai studiato musica ma stavo anche sei - sette ore davanti al pianoforte, per conto mio... mi ero innamorato del pianoforte. Ero giovane e Dio sa quanto mi piacessero le ragazze, però il pianoforte veniva prima; se io vedevo in una casa un pianoforte mi ci mettevo subito sopra. E così, a forza di pedalare...»

Elisabetta Rizzo

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