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Latina. Onori per le delegazioni dell'Armata Marocchina. Insorge Alvaro Magni: «Una offesa per la nostra dignità e per la nostra storia»

«Ho appreso dalla stampa una notizia che, se confermata, mi lascerebbe davvero stupefatto, ma ancora di più, indignato». Ad insorgere è Alvaro Magni, consigliere provinciale di Alleanza Nazionale, che prende carta e penna (si fa per dire) e scrive al presidente Martella e, per conoscenza, agli organi di stampa.
«Sembrerebbe» - spiega Magni - «che alcuni Comuni del frusinate e della nostra provincia (in particolare Lenola e Fondi) abbiano organizzato ricevimenti di accoglienza e ricordanza verso delegazioni dell'armata marocchina, eredi di quell'esercito (meglio sarebbe però definirlo banda di mercenari) che durante l'ultima guerra, al servizio dell'armata francese in Italia, si rese protagonista di atti di vera e disumana barbarie proprio nelle zone a cavallo tra la nostra provincia (in particolare nei Comuni di Lenola, Fondi, Castelforte, SS. Cosma e Damiano, Spigno Saturnia, Minturno ed altri) e quella di Frosinone. Credo sia superfluo ricordare le razzie, gli stupri, i saccheggi, gli omicidi compiuti in maniera indiscriminata da quei soldati: fu quella una delle pagine più dolorose dell'intera vicenda bellica non solo locale, ma dell'Italia tutta. Una tragedia che lo stesso mondo artistico ha sentito il bisogno di rappresentare attraverso le pagine de «La Ciociara» di Alberto Moravia e dell'omonimo film di Vittorio De Sica, dove una delle scene di più drammatica intensità è ambientata nella chiesa di San Francesco a Fondi. Voglio qui citare, uno per tutti, un episodio che ben rappresenta il dramma di quei giorni: il 22 maggio 1944 le truppe marocchine della 4^ divisione di montagna e del 2° reggimento di tiratori scelti entrò nel santuario della Madonna del Colle, a Lenola, all'interno del quale c'era un reparto di soldati tedeschi arresisi per evitare il massacro della popolazione locale che era rifugiata in quel luogo di culto. Scrive testualmente uno storico locale: "...i tedeschi furono perquisiti, privati dei documenti personali che vennero strappati... e calpestando le disposizioni di diritto internazionale che protegge i prigionieri di guerra vennero allineati sotto il muro per essere fucilati. A difesa dei prigionieri intervenne il Vicario generale Mons. Anselmo Cecere, ma non fu ascoltato. Chiese infine di poter loro amministrare il sacramento dell'Estrema Unzione.... nemmeno questa richiesta ebbe esito positivo. Fatto preparare il plotone di esecuzione vennero fucilati". Chi, tra la popolazione locale, pensava che ogni terrore sofferto fosse finito, si illudeva. Durante la notte fecero irruzione le orde dei marocchini ai quali il Generale francese Juin, in accordo con il Generale americano Clark, aveva fatto la seguente promessa ".....oltre quei monti... c'è una terra ricca di donne di vino, di case. Se riuscirete a passare oltre la Linea Gustav senza lasciar vivo un solo nemico... quelle case, quelle donne, quel vino e tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. E potrete avere tutto, distruggere e portare via. Se avrete vinto ve lo sarete meritato". Cosa successe dopo lo sappiamo sempre dal racconto dello storico locale: "I marocchini... per quarantotto ore frugarono... dove la popolazione viveva affamata e stanca, commettendo scempi, stuprando giovinette, adulte, anziane, uomini, bambini. Il parroco Mons. Francesco Valente, tra lacrime e sospiri, mi raccontava di aver assistito personalmente, dietro la minaccia di due marocchini armati, allo scempio di due donne... dentro la chiesa della Madonna di Ambrifi. Nella zona del Pantano una giovinetta di 16 anni per non cedere all'offesa, ad imitazione di S. Maria Goretti, preferì farsi uccidere". Sono solo alcuni episodi di una tragedia di immani proporzioni che colpì, con Lenola, tanti altri nostri Comuni. Proseguire nel racconto mi sembra davvero inutile. Se verranno resi onori ed ospitalità a coloro che rappresentano quelle armate barbare ed inumane, allora si offenderà in maniera grave proprio la memoria di quelle tante nostre vittime innocenti. Con la sola forza disarmata delle migliaia di testimonianze di coloro che hanno vissuto quelle drammatiche esperienze, io Ti chiedo, caro Presidente, di voler intervenire presso le Amministrazioni comunali interessate, con l'autorità che è propria della Tua carica, affinché sia evitato questo inconcepibile ed inaccettabile insulto. La pace e la fratellanza tra i popoli si costruiscono solo attraverso il ricordo delle tragedie vissute e delle sofferenze patite, e non invece dimostrandoci deboli verso chi ha aperto nelle nostre coscienze una ferita che continua ancora a sanguinare».

Mauro Cascio


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