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Gaeta. L'ultimo prestito pubblico del Regno di Napoli. Francesco II lo emise il 10 ottobre 1860 per poter finanziare la resistenza ai Piemontesi

Francesco II (nella foto) il 10 ottobre 1860 emise a Gaeta, dove si era rifugiato per resistere all'assedio dei Piemontesi, l'ultimo prestito pubblico del Regno di Napoli. Se Garibaldi, che ormai con la spedizione dei Mille aveva raggiunto Napoli da oltre un mese (7 settembre), aveva provveduto ad emettere titoli di rendita pubblica per far fronte alle sue esigenze militari, ben più drammatica era la situazione, anche finanziaria, per Francesco II. Il prestito, previsto per 5 milioni di ducati, poi fu emesso in franchi per il valore equivalente, essendo più facile con questa valuta collocarlo al di fuori del Regno di Napoli, che ormai era stato completamente sconvolto.
I 5 milioni di ducati vennero a corrispondere a 21.250.000 franchi e resta da vedere se chi, in quella situazione sottoscrisse al prestito, lo fece per un investimento dei propri capitali, oppure per un soccorso finanziario a Re Francesco II ed alla sua Corte; cosa del resto che era avvenuta anche per i Savoia durante l'esilio in Sardegna.
Infatti, come ebbe a scrivere già allora un alto funzionario del governo napoletano, si trattò solo "di un prestito di simpatia politica" per cui all'emissione dei titoli non vennero interessate le banche, che sono intermediari finanziari che operano prevalentemente con i capitali dei risparmiatori, ai quali sono obbligate a restituirli. Se nel 1866 ancora "innumerevoli" erano i titoli rimasti senza collocazione sul mercato, è pur vero che diversi furono regolarmente emessi, come furono pagate anche le relative cedole. Resta forte il dubbio, invece, che il capitale non sia stato mai rimborsato. Le altre caratteristiche del prestito erano: emissione sotto la pari fino al prezzo ritenuto equo dal ministro delle finanze, tasso 5%, interesse annuale a partire dal primo gennaio 1861, rimborso in 6 anni in contanti oppure mediante conversione in titoli di rendita. La gestione del prestito venne accentrata a Roma dove affluirono anche le somme, ovunque raccolte, che furono depositate presso la Banca dello Stato Pontificio.
I legami tra il Regno delle due Sicilie e lo Stati Pontificio erano stati sempre molto stretti ed il governo napoletano operò a Roma fino al mese di ottobre 1866. A Roma nel 1861, ma con la data del 1859, vennero coniate anche delle monete in rame di Francesco II, che furono immesse clandestinamente nelle regioni meridionali per finanziare il brigantaggio contro il Regno d'Italia. Trattandosi di monete divisionali, con il valore facciale superiore a quello intrinseco del metallo contenuto, la loro emissione è del tutto simile a quella dei prestiti pubblici, perché è sempre lo Stato che si riconosce debitore per il valore inciso sulla moneta o sulla banconota, verso i cittadini portatori delle stesse. Nel mese di dicembre 1860 Francesco II sollecitò personalmente il capo del suo governo a coniare presto questa moneta che, con l'acquisto di rame per 18 mila ducati, avrebbe consentito la coniazione di 100 mila ducati in monete da 10 tornesi; ma i pezzi effettivamente battuti poi furono meno della metà . Un altro sistema di finanziamento del peggiore brigantaggio, an-che se presentato con lo scopo della restaurazione borbonica e che, grosso modo si può avvicinare sempre al prestito pubblico, fu quello escogitato da Luigi Andreoz-zi da Pastena il quale diffuse tra la popolazione della sua zona dei "buoni da venti e più ducati cadauno" con la motivazione che il ricavato era destinato al "fe-lice ritorno si Sua Mae-stà Francesco II" . Erano dei buoni scritti a mano ed imposti alle persone per estorcere del denaro che, con la giustificazione della restaurazione del Regno delle due Sicilie, servivano a riempire le tasche del più efferato brigante della zona. Probabilmente altri briganti, con gli stessi motivi, avranno seguito gli stessi metodi per sottrarre denaro alla popolazione terrorizzata. Comunque, al di là della sostanza, almeno formalmente si tratta sempre di una richiesta di denaro pubblico, che si ripresenterà in Italia durante la resistenza contro i tedeschi. Con la fine del Regno di Napoli il relativo debito pubblico passò in quello del nuovo Stato italiano, ma, ovviamente, non il prestito emesso a Gaeta nel 1860 e, a maggior ragione, i buoni emessi dai briganti. Le monete coniate a Roma, invece, confuse con quelle simili coniate a Napoli nel 1859, passarono in eredità al Regno d'Italia.

Marcello Caliman


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