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Terracina. Desaparecidos, Buenos Aires non finisce mai. Ottavia Piccolo: «Un pugno nello
stomaco, per non dimenticare una tragedia»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Ottavia Piccolo. Un pugno nello stomaco, per non dimenticare.
Sola sul palcoscenico del Traiano di Terracina, con un abituccio da donna sfiorita di mezza
età, Ottavia Piccolo rende indimenticabile il personaggio di Elsa alla quale nel 1978
la giunta militare del generale Videla ha fatto sparire il marito, operaio sindacalista agli
stabilimenti Fiat di quel Paese: «desaparecido» anche lui come un'intera generazione di trentamila uomini, donne e bambini, di prigionieri politici, di un milione e mezzi di emigrati
falciati dalla dittatura. Tratto dal romanzo di Massimo Carlotto «Le irregolari (Buenos Aires
horror Tour), «Buenos Aires non finisce mai» si inserisce in quel grande "spettacolo della memoria"
al quale appartiene, fra l'altro, anche il film di Mario Bechis «Garage Olimpo».
Un teatro in guerra che dovrebbe essere visto soprattutto dai giovani e che trova in Ottavia
Piccolo la sua unica interprete. Una riflessione, anche, a poco tempo di distanza dal processo
di Roma contro alcuni militari argentini, colpevoli di avere fatto sparire alcuni loro
concittadini di origine italiana. Ma è anche un omaggio a Las locas come, inizialmente
con dispregio, venivano chiamate le madri di Plaza de Mayo che non sanno e non possono
dimenticare.
Per più di vent'anni Elsa è vissuta come murata nella propria casa dalla paura e dall'angoscia;
la sua vita si è fermata quel giorno in cui il marito è uscito per andare al lavoro e non se ne
è saputo più nulla: una sparizione che non lascia tombe, ma solo una scia di torture
inenarrabili, violenze coperte dalle connivenze di molti a partire dalle autorità
diplomatiche e religiose. Elsa, dunque, si è abituata a vivere una non vita
fino a quando l'incontro con le Madri di Plaza de Mayo le fa prendere coscienza, la spinge
a chiedere l'indennizzo per la sparizione del proprio marito. Ma duecentomila pesos
sono un valore derisorio rispetto alla vita che non c'è, alla morte, ai figli che non sono
nati. È un "compenso" volgare e corruttore con cui si cerca di mettersi la coscienza a posto.
Elsa, che per vivere si arrangia come può. alla fine lo rifiuta, coscientemente, per
conservarsi la libertà di gridare il suo dolore di fronte ai molti assassini che girano
ancora indisturbati. Dentro e fuori un grigio siparietto brechtiano, tirato a mezzasta, che si
apre e si chiude, con l'aiuto di qualche leggio, di un dondolo e di una sedia, Ottavia
Piccolo è una piccola grande donna coraggio che snocciola nomi e orrori con allucinata
"normalità", che fa telefonate impossibili da credere, che diventa la maschera e il
megafono della solitudine e di quella concreta follia in cui, talvolta, si trasforma il
dolore. Un'attrice che non si esibisce, ma che non abdica di fronte alla terribile
materia della sua performance.
Bambina prodigio, Ottavia Piccolo ha recitato nel ruolo della figlia del Conte Salina nel film
«Il Gattopardo» di Visconti.
Da trent’anni a questa parte lavora in teatro, cinema e televisione. Per il teatro basti citare le sue partecipazioni all’ «Orlando Furioso» dell’Ariosto diretto da Ronconi.
Numerose collaborazioni con i registi: Visconti, Strehler, Squarzina, Costa, Cobelli, Lavia, Castri, De Lullo, Sequi, Savary, Sepe. Memorabili le sue interpretazioni cinematografiche di «Metello di Bolognini» - che le è valso la Palma d’Oro al Festival di Cannes, «Mado» di Saurer e «La famiglia» di Scola.
Claudio Ruggiero
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