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Latina. La triplice sindacale, l'azione di terroristi e i sinistri disastri sovietici. «Rischiamo di tornare ai conflitti della società in movimento»
Lo sciopero generale del 16 aprile, finalizzato a battere la politica riformista del governo, quali effettivi significati ha, quali finalità e come esso può essere interpretato alla luce dei rivolgimenti politici degli ultimi dodici anni?
La risposta, per quanto semplice, se non ovvia, non deve certo compiacere. Il significato più diretto è quello di ritenere di avere ancora colpi in canna, il padronato sindacale, per imporre ricattatorie intimidazioni alla sfera della decisionalità politica, parlamentare e di governo. La finalità è di riconfermarsi, di principio, come forza che garantisce, certifica e sanziona i processi politici in base ad un certo tipo di "democrazia sindacale" assolutamente inesistente in Europa, e che collide anzi con le organizzazioni statuali di tipo liberale, liberal-democratico, democratico-riformista. L’interpretazione più immediata è che - constatato sulla sua pelle che non è stato affatto travolto né intaccato grandemente il suo potere di ramificazione, controllo, condizionamento delle sfere della politica e degli altri ordinamenti della vita civile della Nazione - ha ritenuto di potere partire all’attacco dopo oltre sei anni di complici e frustranti silenzi con un governo e con una parte politica che ad esso, per quanto si voglia minimizzare, risulta ancora inestricabilmente e, purtroppo, indissolubilmente legato. Qui sta un dei grandi nodi, forse il più importante, il più pericoloso, il peggiore nodo italiano. La connivenza delle scelte della triplice, marcatamente della CGIL e della CISL, e del mondo politico della sinistra, ad iniziare dai comunisti e dagli ex-comunisti, forze ancora grandemente egemoni nello schieramento politico in questione. Qui si rischia di ritornare ai vieti schemi della conflittualità permanente, della società in movimento, degli equilibri più avanzati delle folli stagioni del sindacalismo sessantottino, con cui sindacati e sinistre (dc compresa) facevano sì che lo stato italiano assumeva sempre di più il pericoloso aspetto di uno stato puramente e tipicamente assistenziale teso ad alzare la capacità economica della stragrande maggioranza degli italiani non attraverso un potenziamento del processo produttivo bensì attraverso un allargamento della spesa pubblica improduttiva e la moltiplicazione di sussidi e assistenze "i partiti dell’estrema sinistra hanno fatto la voce grossa per sostenere che il dettatto costituzionale non doveva essere applicato a una società in movimento" (Armando Saitta, storico antifascista e di estrazione socialista).
Con lo sciopero generale, arma grandemente e criminosamente utilizzata per decenni, con cui sono stati messi in ginocchio la stabilità finanziaria del Paese, la credibilità e la forza produttiva dell’economia, la qualità e il ruolo di referenzialità sociale e civile della scuola, la certezza dell’autonomia e della solidità e superiorità delle istituzioni parlamentari rappresentative, il livello più contenuto ma più affidabile duraturo e meno permissivo del "welfare state" e degli ammortizzatori sociali e delle coperture sanitarie e pensionistiche inerenti; con lo sciopero generale, spettro della rovina quarantennale della società italiana, sindacati e sinistra riconfermano il diabolico patto. D’altronde, nella reciprocità del patto, sono in grado di fornirsi sempiterne garanzia e reciprocità di posti, prebende, ufficializzazione di nomenklature e reversbilità di profitti negli apparati. Così come finora è stato.
Lo sciopero generale ci riconferma che la cronaca degli ultimi decenni non è storia recente ma presente quotidianità. Si ripropongono, a livello di analisi del sistema politico, i mali a cui ci siamo condannati, a cui ci hanno condannati per decenni le sinistre, e che i nostri figli pagano e pagheranno ancora pesantemente.
Lo sciopero generale, nella tradizione storica nostrana, è espressione di "conquiste avanzate" con cui l’estrema sinistra e le greppie delle centrali del potere sindacale rimpinguavano i loro carnieri sino ai livelli dell’eversione quotidiana legalizzata nella prassi e nel conseguente diritto, tanto da cercare di attuare il folle progetto della "supplenza politica".
Il risultato, impietoso, è sotto i nostri occhi. Abbiamo ancora una società parzialmente comunistizzata nei cervelli e nei modi di agire, una società fortemente squilibrata in cui i professori e gran parte dei ceti professionali pubblici sono totalmente proletarizzati e occupano gli ultimi posti nelle statistiche OCSE, una società in cui la valutazione dell’apporto creativo e qualitativo è ostracizzata, una società in cui non si riesce ad avere una politica dei redditi seria e una politica delle riforme altrettanto seria, profonda, generale.
Le sinistre e i sindacati, il partito della conservazione mummificante e della sconfitta delle innovazioni socioeconomiche, che tutto vogliono e che tutto promettono, con questo sciopera allontanano quanto mai nei fatti e nei contenuti il loro mondo dall’Europa e dall’esigenza di sicuro e definitivo riliancio il nostro sistema finanziario e produttivo.
È a questo punto che la logica dell’estremismo sindacale, nolente per quanto si voglia, si trova in una intersezione con il progetto rivoluzionario dei terroristi di matrice marxista a cui risulta comodo e utile; terroristi i quali tornano a colpire ogni qualvolta che la triplice alza la voce contro progetti e ricerche di riforme del mondo del lavoro e del sistema previdenziale e degli ammortizzatori sociali e minaccia tuoni e fulmini contro l’esecutivo e contro il potere legislativo.
È nell’interesse di tutti, ad iniziare dei giovani, che si avviino quanto prima riforme profonde nei settori cruciali interessati alla vita della nostra società. È da sperare che questo governo abbia sempre più coraggio, determinazione e capacità di azione ( cose di cui non sono poi tanto convinto), come nel caso dell’art, 18, posto all’imbocco del ponte delle riforme volutamente, perché solo sottraendosi alla "tutela" e alla "supplenza" di un potere corrivo quanto cieco illegale, potrà cambiare davero le cose. Così che si potranno sgomberare le strade dalle rovine che, per quanto tanti non le vedono per quanto vi sono da anni abituati a non vederle, intralciano il ritorno ad una normalità europea qui mai conosciuta, perché essa è ancora una società sovietizzata nella struttura retributiva, delle garanzie pseudo-operistiche parassitarie, della burocratizzazione e "statalizzazione" del ruolo dei sindacati confederali, primi nemici dell’applicazione integrale del dettato costituzionale e della riconquistata posizione in Europa e nel mondo di Paese di manico e aperto.
Domenico Cambareri
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