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Latina. «Viaggio al principio del giorno». Alberto Bevilacqua: «La felicità è una botta di ebbrezza che ti aiuta, ti apre i polmoni, una vincita»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Alberto Bevilacqua, a Latina per presentare il suo nuovo libro, presso i locali de «Lalibreria» al Centro Morbella. Bevilacqua scrive il suo primo romanzo, «La Polvere sull'erba», nel 1955. Sciascia ne legge il dattiloscritto: vorrebbe pubblicarlo, ma ritiene che possa provocare uno scandalo. Il successo internazionale arriva con «La Califfa» (1964). La protagonista, Irene Corsini, nel suo vitalistico vibrare tra fierezze e abbandoni, inaugura la galleria dei grandi personaggi femminili di Bevilacqua, mentre Annibale Doberdò incarna un'emblematica figura di industriale nella provincia italiana degli anni Sessanta. Dell'epopea provinciale, dei suoi eroi grandi e meschini, Bevilacqua aveva già fornito uno splendido affresco in «Una città in amore» (1962, ripubblicato in una nuova stesura nel 1988), ma uno dei romanzi più importanti del decennio è «Questa specie d'amore» (1966, premio Campiello). Intellettuale impegnato e presente nella vita italiana fin dagli inizi degli anni Sessanta, regista cinematografico («La Califfa», «Questa specie d'amore», «Le Rose di Danzica», «Bosco d'amore»), giornalista critico del costume, polemista, con la sua produzione narrativa Alberto Bevilacqua ha sempre riscosso un grande successo di pubblico, ricevendo i maggiori premi letterari italiani: dal già citato Campiello nel 1966 allo Strega («L'occhio del gatto», 1968), al Bancarella («Un viaggio misterioso», 1972), vittoria doppiata nel 1991 con «I sensi incantati». Un successo sancito anche dalle ultime, felici prove: «Anima amante» (1996), «GialloParma» (1997), «Sorrisi dal mistero» (1998), «La polvere sull'erba» (Einaudi 2000). «Viaggio al principio del giorno» è il suo ultimo lavoro. «È il libro "della mia vita", sono io: come uomo, come narratore, come poeta».
«La felicità è una botta di ebbrezza che ti aiuta, ti apre i polmoni, ti ripulisce il cervello; è una vincita alla roulette, un colpo di fortuna, che poi sparisce. È una condizione di privilegio momentaneo, interiore. Fa sparire tutti i dolori e le angosce, ma non è stabile. L'atto della scrittura non dà felicità, dà un piacere di tipo erotico». Già, l'eros. «L'eros è un tema che mi è stato dentro fin dall'inizio. Quando si vive alla brava lo si scopre negli ambienti più infimi. Quando mio padre venne epurato, ci sbatterono a vivere fra due case di tolleranza. Io ero un bambino, non mi rendevo conto di che cosa si trattasse, ma queste puttane benevolenti a volte mi invitavano a mangiare da loro. Ma oltre a mangiare coglievo che lì intorno accadevano certe cose».

Elisabetta Rizzo

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